Nucara guida una delegazione del Pri/I doveri della Chiesa verso lo Stato Commemorazione della Breccia di Porta Pia di Giulio Tartaglia Se camminate lungo la strada che, partendo dalla fine di Via Nazionale, costeggia il Quirinale, e proseguite sempre dritti, arrivate alla sede dell'ambasciata britannica, accucciata dentro le mura proprio di fronte a Porta Pia. Una passeggiata che, se fatta ritroso, ripercorre una storia italiana cominciata con la presa di Roma, quel 20 settembre 1870, e non nove anni prima, con la proclamazione di un Regno ancora troppo sabaudo per poter essere già italiano. Roma. Città dei Cesari prima, città dei Papi per più di un millennio. Sede della chiesa cattolica romana e apostolica. Casa del Potere Vaticano. Roma. Una città dalla storia antica, che è riuscita a segnare le fortune e le disgrazie di una penisola che solo da Roma era stata divisa, e solo in Roma si sarebbe potuta riunire. Il 20 settembre, quando le truppe al comando di Raffaele Cadorna aprirono una breccia nelle mura, entrarono in una città che, benché cuore del mondo cristiano, aveva ormai da secoli perso qualsiasi centralità, qualsiasi capacità di essere se stessa, come snaturata da un potere spirituale che si era tanto lasciato coinvolgere dalle questioni temporali da rimanerne invischiato e uscirne sconfitto. Come scriveva Giovanni Cervigni in un numero speciale de "La Voce Repubblicana" dedicato a questa ricorrenza, "nello zaino dei bersaglieri che entrarono in Roma... vi era 'una tratta'... 'la tratta sull'avvenire', come la definirono i contemporanei, rappresentata dalla famosa formula 'libera Chiesa in libero Stato', con la quale si voleva sintetizzare tutto un complesso di norme tendenti alla separazione ed alla reciproca garanzia di due poteri autonomi e, tradizionalmente, in perenne contrasto". Solo i barbari conquistavano Roma, oppure i rivoluzionari. Che, visti dallo scranno autocrate e reazionario del Pontefice, erano da considerarsi alla stessa stregua. Napoleone come Brenno. Ma, nel secolo XIX, le cose erano cambiate. Vittorio Emanuele era Re di una nazione unita, per la maggior parte, da un gruppo di esaltati democratici, con una costituzione morale che era quella di un ancor più rivoluzionario. Lo ricordava Ugo La Malfa: "Fu infatti allora chiaro, e riesce ancora più chiaro a noi, che continuiamo ad esserne i beneficiari, che unendo Roma all'Italia si sarebbe data al nuovo Stato la sola capitale che fosse capace di dargli presenza piena e completa, e da nessun punto di vista effimera, nella rosa dei grandi Stati nazionali che si erano formati in epoche diverse e nel corso di lunghe lotte, ma che l'ideologia dell'ottocento seppe esaltare nel loro significato di grande e condizionante momento nel processo della libertà. " Una libertà condivisa da tutti, e di recente anche dalla Chiesa. Giuseppe Galasso affermava che "ormai quasi tutti sono propensi a riconoscere che la fine del potere temporale dei Papi fu di giovamento anziché di nocumento alla vitalità e all'indipendenza dell'Istituto Pontificio". E, nonostante siano serviti anni per ricalibrare l'impalcatura Vaticana, il Papato ha, nel lungo termine, goduto di un'assenza di responsabilità che l'ha messo in una posizione di vantaggio per poter svolgere l'attività pastorale, evitando, quando possibile, di ripresentare nuovi scandali di corruzione e immoralità ormai in totale dissintonia con il mondo dei fedeli. Con le parole di Giovanni Ferrara si può dire che "in fondo si tratta pur sempre di ripensare ai doveri dell'uomo verso i suoi simili; ai doveri della società verso gli individui e degli individui verso la società; ai doveri dello Stato verso la Chiesa, e della Chiesa verso lo Stato." Uno stato preoccupato dalla legge ordinaria e dalle tasse per la difesa e la costruzione della Nazione. Una chiesa preoccupata con i valori biblici e la cura costante delle anime. Nell'anno del signore 2012 la diatriba resta aperta: dai crocifissi nelle scuole alla questione dell'IMU, le diverse interpretazioni di "Libera Chiesa in Libero Stato" segnano profondamente l'importanza di una data che dovrebbe tornare a essere festa nazionale (fu cancellata da Mussolini con la firma dei Patti Lateranensi). Il XX settembre fu un giorno in cui i primi Italiani combatterono per un sogno rivoluzionario e nazionale realizzato a tappe e solo in parte, a prescindere dalla Chiesa, quando questa rappresenta un ostacolo. Lo scrisse Alberto Caracciolo: "Roma italiana, opposta a Torino piemontese, a Firenze del compromesso, alla Corte del Papa, era per molti sinonimo di rinnovamento e di rivoluzione." |